Tipicità a Fermo: è il segno della ripresa
Per Alan Friedman, la manifestazione, che fa registrare un altro incredibile successo, insegna come superare la crisi e ritornare a vincere.
di Antonio Castello
“La crisi non è finita, ma da qui si può ripartire”. E' quanto ha affermato Alan Friedman intervenendo al forum d'apertura di Tipicità, il festival del made in Marche, giunta alla sua 24^ edizione. “Sono felice di essere qui, ha detto ancora l'economista, perché ho potuto ravvisare in questa rassegna elementi di unicità e di distinzione che se ben miscelati possono rappresentare l'inizio per una ripresa utile ad invertire una tendenza che sta durando anche troppo. Tipicità ha avuto il grande merito di fronteggiare la crisi guardando alla qualità, alla coesione, ma senza perdere di vista le specificità del territorio”.
Il parterre, coordinato dal Capo Redattore del TG 5, Gioacchino Bonsignore, ha visto accanto a Friedman, Nunzio Tartaglia di UBI Banca Marche e i rettori dei quattro atenei marchigiani: Camerino, Macerata, Ancona e Urbino. Ma prima del dibattito non hanno mancato di portare il loro saluto i rappresentanti delle istituzioni a cominciare dal Presidente della Regione, Luca Ceriscioli, il quale, anche lui, non ha potuto non rimarcare la longevità della manifestazione che, ha detto, “dopo 24 anni è ancora attuale e presente in tutta la sua forza che si rispecchia nella realtà economica delle Marche.
Una realtà che si fonda sulla qualità delle piccole imprese che hanno saputo conservare la propria identità, adeguandosi all'evolversi dei tempi e delle crisi”. Sul tema della coesione, si è soffermato anche il sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, secondo cui le Marche “debbono rimane un tutt'uno, lasciando da parte quelle velleità che qualche volta vorrebbero far emergere una identità più provinciale che regionale”.
Per la Camera di Commercio è intervenuto il Presidente Graziano Di Battista che ha evidenziato il grande ruolo degli imprenditori locali che, pure in presenza di una grave crisi economica, hanno saputo reagire, mentre per l'Anci, il presidente Maurizio Mangialardi si è soffermato sulla grande perspicacia della manifestazione che ha saputo reggere il mutare dei tempi, adeguandosi e trasformandosi all'occorrenza. La dimostrazione è venuta con le “Piccole Italie”, una rassegna di piccole identità territoriali destinata a svilupparsi nei prossimi anni.
Con oltre 200 espositori e padiglioni, il visitatore è stato proiettato in una dimensione del cibo e del territorio analogo a quanto è accaduto lo scorso anno con l'Expo di Milano dove ancor prima di accedere ad un padiglione era la curiosità per quello che si poteva trovare al suo interno che spingeva ad entrare. Probabilmente la forza di questa rassegna regionale sta proprio in questa sua capacità di incuriosire il visitatore ad un approccio che poi si realizza automaticamente davanti ad un piatto, una pietanza, un prodotto.
Ad un giorno dalla chiusura (la manifestazione, chiude i battenti questa sera) già si parla di un successo senza riscontri e non solo per quanto ha saputo mostrare attraverso una galleria di prodotti unici (pane e pizza, olive ascolane e brodetto alla sangiovese, olio e salumi, formaggio, marmellate e miele per arrivare alla mela rossa dei Monti Sibillini, senza dimenticare la birra la cui produzione sta lievitando abnormemente), quanto, soprattutto per i messaggi lanciati nei settori della ricerca, della produzione e della vendita. Ma non si pensi soltanto al cibo al vino. Perché il “saper fare” nelle Marche percorre molte altre filiere a cominciare da quello della moda e dell'artigianato.
Visitando gli stand del Forum Fermo che ha ospitato l'evento, si è potuto scoprire che la capacità della gente marchigiana si riflette anche nel fare scarpe e cappelli, borse, gioielli e tantissime altre cose.