“La terra più amata da Dio - La Custodia di Terra Santa”
Dal 20 al 26 agosto al Meeting di Rimini la mostra “La terra più amata da Dio - La Custodia di Terra Santa”, di cui Edizioni Terra Santa pubblica il catalogo
Un’emozione, un fremito, un forte desiderio di andare “là dove tutto è iniziato”.
Queste sono solo alcune delle sensazioni che suscita la mostra "La terra più amata da Dio - La Custodia di Terra Santa" che da domenica 20 agosto fino a sabato 26 agosto p.v. sarà allestita al Meeting per l’amicizia fra i popoli (visitabile in Piazza A5).
La mostra è promossa dalla Custodia di Terra Santa e dalla Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli con il coordinamento generale di Fra Stéphane Milovitch, Sara Cibin e Marie Armelle Beaulieu, la collaborazione di ATS Pro Terra Sancta ed il contributo scientifico dello Studium Biblicum Franciscanum. Un evento pensato anche per celebrare gli otto secoli di presenza francescana in Terra Santa, su cui fra Francesco Patton ofm, attuale Custode di Terra Santa, terrà proprio al Meeting una riflessione sul tema “800 anni in Terra Santa. Un'eredità viva ora” il giorno dell’apertura della manifestazione (20 agosto ore 17:30 nella Sala Illumia C3).
Fra Patton nell’introduzione del catalogo della Mostra edito dalle edizioni Terra Santa, esclusivamente in vendita nella libreria del Meeting, nota la consonanza fra tema del Meeting 2017 e mostra sulla Custodia di Terra Santa, tema che è un invito a “Saper coniugare la memoria del passato con la responsabilità personale per il presente, che è anche un modo per poter dare un contributo alla costruzione di un futuro diverso”. Questo è il senso della mostra sulla “Terra più amata da Dio”, fatta di immagini fotografiche, memoria esse stesse e supporto alla memoria di ciascuno, una mostra che parte proprio dal “metodo di Francesco fra i non cristiani”, oggi particolarmente attuale per l’impegno della Chiesa nel mondo, all’origine della Custodia: i primi frati giunsero infatti ufficialmente in Terra Santa nel 1217, guidati da fra Elia da Cortona. Due anni dopo, nel 1219, lo stesso Francesco d’Assisi si imbarca per San Giovanni d’Acri per arrivare a Damietta in piena Quinta crociata, mosso dal desiderio di incontrare il sultano Malek el-Kamel e potergli parlare di Gesù Cristo. Francesco voleva vedere, vedere “vedere con i suoi occhi quello stesso cielo, quella stessa grotta, quella terra che è diventata il luogo della Salvezza”.
Nel catalogo della mostra vengono presentati i santuari e subito dopo viene rappresentata la liturgia: scrive fra Patton “Sono immagini che offrono anche a noi la possibilità di un «pellegrinaggio virtuale», che andrebbe fatto con lo stesso spirito di Francesco d’Assisi, per il quale il vedere non è puro e semplice sguardo materiale, ma è guardare con gli occhi e il cuore del credente. E allora diventa comprensibile il collegamento tra i luoghi e la liturgia: i luoghi spingono – uno dopo l’altro – all’adorazione e alla lode «dell’altissimo, onnipotente e buon Signore» (san Francesco, Cantico di Frate Sole), che in quei luoghi è vissuto, ha operato, ha parlato, ha realizzato la nostra redenzione”.
Non si tratta di mera archeologia sacra, la Terra Santa è fatta di “pietre vive” ed ecco allora la Mostra sottolineare gli otto secoli di presenza francescana in termini di servizio, “perché inviati a evangelizzare senza fare liti e dispute”, un servizio che si concretizza nell’accoglienza dei pellegrini, nel servizio pastorale nelle parrocchie, nella carità educativa attraverso le scuole, le istituzioni culturali e accademiche, nella comunicazione, nell’aiuto ai poveri e ai sofferenti e nell’impegno per la promozione e lo sviluppo integrale delle persone, con la creazione di posti lavoro e il favorire una microeconomia di cui beneficia la comunità locale.
Un servizio che è presenza, che sa essere realmente concreta come testimoniato dalla foto che ritrae il Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, fra Michael Perry, in visita ad Aleppo distrutta… Una presenza, quella francescana, che da otto secoli nonostante tutte le difficoltà è anche dialogo ecumenico e interreligioso, nel “riconoscerci tutti figli dello stesso «Padre celeste»” come sottolinea fra Patton.