ELIO VERGATI, l’uomo che fotografò le stragi di Fiumicino
Secondo al Premio Pulitzer e al World Press Photo, Vergati ricorda e racconta gli accadimenti spaventosi dei quali fu testimone e cronista
di Elettra Ferraù
La grande amicizia, l’affetto, la stima potrebbero far velo sull’obiettività dei commenti che ci accingiamo ad esprimere nei confronti di un grande professionista qual è Elio Vergati. Ma non è così. Anche se non gli fossimo così amici, anche se non lo amassimo come un fratello, anche se non lo stimassimo per la ultratrentennale conoscenza e per la più che ventennale collaborazione professionale che ci ha legati e ci ha coinvolti in tanti piacevoli accadimenti, la nostra ammirazione, la nostra grande considerazione sarebbe ugualmente sincera.
Il 27 dicembre di 30 anni fa Elio Vergati era all’Aeroporto di Fiumicino, e lavorava, come sempre ogni giorno e come anche adesso fa, alla ricerca di personaggi politici, di Vip dello spettacolo, di momenti interessanti (che non mancano mai) della vita dell’Aeroporto.
Seduto nel suo piccolo ufficio pieno di fotografie, di macchine fotografiche, di rullini, faldoni e quant’altro, a un certo punto, e lo facciamo dire a lui: “…sentimmo dei botti. Si capì subito che erano bombe a mano e la gente scappava da tutte le parti. Ho preso la macchina fotografica e ho fatto di corsa i 100, 150 metri di distanza dai check-in dell'El Al e della Twa. Una sparatoria tremenda, ma sarà durata un minuto, non di più"
Lo fa ancora oggi che ne ha 76 e vanta un secondo posto al premio Pulitzer e al World Press Photo. Sempre nella mitica agenzia Telenews che da decenni racconta quello che accade negli aeroporti romani di Fiumicino e Ciampino”.
Fu la terribile strage di Fiumicino, quando quattro terroristi palestinesi lanciarono bombe e spararono sulla gente che si trovava in fila all'imbarco o al bancone del bar. Tre di loro furono uccisi dalla sicurezza della compagnia israeliana.
"Sono intervenuti subito - ricorda Vergati -, e il quarto terrorista fu catturato da un poliziotto italiano e ha rischiato il linciaggio". Vergati ha fissato attimo per attimo ciascuno di quei momenti drammatici: in una sua foto esclusiva si vede il diciottenne Khaled Ibrahim portato via da un agente. "C'erano tanti feriti in terra, sangue, gente che chiedeva aiuto e si lamentava, una scena pazzesca – ricorda il fotoreporter -. Mentre scattavo le foto cercavo di rassicurarli, che i soccorsi sarebbero arrivati. Ma ti senti impotente. I primi feriti li hanno portati via con i carrelli dei bagagli. Rammento una donna con il ginocchio aperto, poi seppi che era morta. Tra le vittime c’era anche una ragazzina di dodici anni, era la figlia di un giornalista americano. Gli israeliani erano preparati, come sempre – aggiunge Elio Vergati – perché erano lì per difendere i loro voli; due agenti italiani sono arrivati poco dopo. La cosa più incredibile – prosegue - è che dopo la strage chiusero l'aeroporto circa mezz'ora, poi fu tirata su una paratia per non mostrare quel settore, e ripresero a fare biglietti. E la gente si lamentava che perdeva l'aereo".
"Eravamo così vicini alla sparatoria che abbiamo trovato dei proiettili nel vetro dell'ufficio – ecco un altro ricordo agghiacciante -. La paura non la senti quando fai le foto, ti viene dopo, ti tremano le gambe e pensi 'ma che sono matto?'".
Quella del resto era la seconda strage a cui Vergati assisteva in diretta al Leonardo Da Vinci. Il 17 dicembre 1973, 12 anni prima, un commando arabo gettò bombe incendiarie dentro un aereo della Pan Am fermo sulla pista: 30 morti bruciati. "Anche allora ero in ufficio e sentimmo le esplosioni - narra -. Seguii correndo un agente con il mitra e mi piazzai dietro una colonna a fotografare. I terroristi erano a 40 metri e le pallottole fischiavano così vicine…".
Elio Vergati scattò la foto di un finanziere morto sulla pista "foto che arrivò seconda al Premio Pulitzer".
Intervistato dal TG1 e dal Corriere della Sera, protagonista di un servizio dell’ANSA, Vergati sorride di questa “fama improvvisa” ancorchè tardiva a nostro avviso, tanto che vorremmo proporre al nostro Presidente della Repubblica di attribuire un prestigioso riconoscimento a questo cittadino coraggioso quanto modesto: il titolo di Cavaliere del Lavoro.
E ancora oggi Elio Vergati lavora all'aeroporto di Fiumicino che nei decenni è molto cambiato, ma non è cambiato il suo modo di lavorare. Con il collega di sempre, Nevio Mazzocco, insieme allo storico direttore Lamberto Magnoni e a un collaudato gruppo di giornalisti: sono conosciuti da tutti e conoscono tutti. E restano un punto di riferimento fondamentale per Fiumicino. Oggi come allora.
(alcuni passaggi sono ripresi dall’ ANSA)
(foto ANSA)