Città del Vino contro le pale eoliche nei Comuni Doc e Docg
Scoppia il caso Tollo (Chieti). Il Sindaco Angelo Radica: “Niente impianti tra le vigne!”
Dopo il precedente del sito nazionale dei rifiuti radioattivi - che aveva individuato Caluso in Piemonte, Acerenza in Basilicata e Campagnatico in Toscana - ora Città del Vino si rivolge al Governo per chiedere maggior tutela delle aree vitivinicole di pregio, mettendole al riparo da progetti che possono avere un impatto negativo, anche se legati a fonti rinnovabili. Il Presidente Floriano Zambon: “Serve una norma che vincoli i territori enoturistici, modelli di qualità, tipicità e buona gestione ambientale”
Dopo la spinosa questione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi è il turno delle pale eoliche a mettere in subbuglio le Città del Vino, che adesso chiedono al Governo una norma per blindare le aree Doc e Docg d’Italia da quegli interventi di forte impatto negativo sull’ambiente e sul paesaggio vitivinicolo, anche se legati a temi come le energie rinnovabili.
Il caso arriva da Tollo (Chieti), tra le più verdi e attive Città del Vino abruzzesi, simbolo del Tullum Docg e Comune impegnato da anni sui temi della sostenibilità: ha vincolato l’84% del territorio comunale (il 70% a vigneto) attraverso il Piano Regolatore delle Città del Vino, ha percentuali altissime di raccolta differenziata (l’85% dei rifiuti nel 2020), ha adottato il regolamento di polizia rurale per abbattere l’uso di agro-farmaci in campagna, ha messo in efficienza l’illuminazione pubblica (1.100 lampioni) sostituendo le lampade alogene con i Led, ha avviato di recente la procedura per il riconoscimento della pergola abruzzese a Patrimonio dell’Umanità e, tra i primi Comuni d’Italia, ha promosso la formazione della comunità energetiche sul territorio. E infine, solo lo scorso 14 marzo, ha ricevuto la menzione del Premio del Paesaggio dal Consiglio d’Europa.
La questione che ora sta irritando produttori di vino, cittadini e amministratori locali riguarda l’installazione di una grande pala eolica di 99 metri d’altezza e capacità produttiva di 975 KW/ora. Dove? In un’area a vigneto del Tullum Docg, sulla quale alcune cantine hanno importanti investimenti in ballo e che è anche d’interesse archeologico, come ha sottolineato lo scorso 4 marzo la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (Chieti/Pescara) con parere negativo al progetto dell’eolico.
“Purtroppo la normativa vigente prevede una procedura d’autorizzazione semplificata per gli impianti fino a 1 Megawatt, salta i pareri del Comune. Questo significa che le decisioni sono prese sulle nostre teste – lamenta Angelo Radica, sindaco di Tollo -. Ma non ci arrendiamo, abbiamo promosso una raccolta di firme tra i cittadini e chiesto alla Regione di attivarsi urgentemente con un atto amministrativo per bloccare questo intervento riconoscendo il valore e il pregio della nostra zona vitivinicola. Con delibera di giunta abbiamo dato indirizzo all’ufficio tecnico per redigere un regolamento comunale che individua le aree non idonee”.
La questione è finita anche sul tavolo del consiglio nazionale di Città del Vino che adesso sta preparando un’informativa urgente per chiedere al Governo una norma che vincoli le aree di pregio vitivinicolo e paesaggistico d’Italia, dove ricadono almeno una Doc o una Docg, escludendole così da progetti invasivi e squalificanti, come la creazione di parchi eolici a ridosso dei vigneti o addirittura di depositi nazionali di rifiuti radioattivi; come si è ventilato qualche tempo fa con la lista di 65 siti “papabili”, tra cui rientravano addirittura Caluso in Piemonte – terra dell’Erbaluce – Acerenza in Basilicata – zona dell’Aglianico del Vulture Docg – e Campagnatico in Toscana, dove si produce il Montecucco Sangiovese Docg.
“È ora di finirla con questi progetti che penalizzano i territori virtuosi che investono da anni sulla qualità ambientale, culturale ed enoturistica – dichiara il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon -. Non è possibile che si continui a parlare di sostenibilità e difesa dell’ambiente e che poi in modo cieco e ottuso non si tenga conto delle buone pratiche di gestione territoriale di quei Comuni che sono individuati, non si capisce sulla base di quali criteri, per questi progetti di così forte impatto. È ora di introdurre nuovi criteri per la scelta delle aree – sottolinea Zambon -. Facciamo appello ai Ministri dell’Ambiente e del Turismo affinché mettano mano alla normativa per proteggere quei territori nazionali che hanno scelto da anni un modello di sviluppo sostenibile basato sulle loro specificità locali, come è il caso delle nostre 460 Città del Vino”.