CINEMA: "28… MA NON LI DIMOSTRA"
All’Ariano International Film Festival il documentario sul famigerato “Articolo 28”
Sarà presentata alla prestigiosa manifestazione che si tiene in questi giorni ad Ariano Irpino l’opera ideata e realizzata da Pierfrancesco Campanella (nella foto a sinistra), con la regia di Emanuele Pecoraro (nella foto più sotto a destra), dal singolare titolo “28… ma non li dimostra”.
Per gli addetti ai lavori del cinema di casa nostra il numero 28 evoca ricordi indelebili di un periodo storico della produzione italiana: film a basso costo realizzati con la formula di compartecipazione agli utili dei suoi partecipanti, che prevedeva un contributo finanziario da parte dello Stato.
Per molti, purtroppo, quell’articolo della legge 4-11-1965 che ha consentito di produrre molte pellicole, prevalentemente d’autore, ma anche talvolta di genere, è sinonimo di imbrogli e di sperpero di pubblico denaro, a causa di alcuni presunti scandali, peraltro ridimensionatisi nel tempo.
Il documentario “28… ma non li dimostra” non vuole essere una difesa d’ufficio, ma il risultato di serene ed obiettive considerazioni che ci portano a concludere che, pur tra qualche inevitabile piccolo abuso, in quella gestione qualcosa di buono c’è sicuramente stato, tale da rendere positivo il quadro d’insieme.
L’idea di progettare un lungometraggio sul tema dei film realizzati con il concorso del Ministero dello Spettacolo in ragione dell’Art. 28 nasce proprio dall’esigenza di rivalutare a posteriori un meccanismo produttivo che ha dato comunque lavoro ad attori, registi, tecnici e maestranze spesso alle prime armi (e molti di questi sono diventati nel tempo dei grossi nomi, uno per tutti Gabriele Salvatores) e dato linfa ed ossigeno all’industria cinematografica e ai suoi indotti, a cominciare dalle strutture tecniche.
Il documentario si propone dunque, con l’ausilio di spezzoni, di fare un riepilogo delle opere realizzate nel tempo con l’Art. 28, ricordando i titoli più importanti e significativi, nonché gli artisti che, grazie ad essi, sono prepotentemente venuti alla ribalta.
Inoltre, col supporto di interviste a coloro che hanno vissuto in prima persona quella fase del cinema italiano che oggi non c’è più, rivelare una serie di aneddoti, retroscena, indiscrezioni inedite.
In questa sorta di bilancio, è probabilmente interessante stabilire se, come recita il famoso detto, forse addirittura non si stava meglio quando si stava peggio.
Per obiettività e completezza di informazione, senza fare nomi, si è cercato inoltre di spiegare ai profani i metodi per aggirare determinati “ostacoli” e in qualche modo “abusare” dei benefici previsti dal legislatore per agevolare il “sistema cinema”.
Esaminando senza pregiudizi ed in maniera asettica la situazione nel suo complesso ci si può rendere conto che, a fronte di qualcuno che ha “barato” nell’applicazione delle regole del gioco, la stragrande maggior parte dei soggetti coinvolti ha operato più che correttamente e del resto non potrebbe essere diversamente perché il cinema è innanzitutto amore e passione per l’arte e resta difficile credere che chi si cimenta in un campo tanto difficile ed imprevedibile voglia farlo per arricchirsi indebitamente (anzi, nella maggior parte dei casi chi investe nella “settima arte” ci rimette).
Si potrà obiettare che alcune di queste opere non siano perfettamente riuscite oppure che non abbiano riscosso alcun successo di pubblico, ma questo fa parte dell’imponderabile che caratterizza questo tipo di attività, come dimostrano i tutt’altro che infrequenti clamorosi “fiaschi” di film costosissimi, con star di grande richiamo.
Un flop non può essere una colpa.
Resta un patrimonio di negativi di opere cinematografiche la maggior parte delle quali oggi custodite dal gruppo Cinecittà-Luce: un valore storico ed artistico, forse ingiustamente sottovalutato, ma che esprime la preziosa testimonianza di una stagione irripetibile.